Uluru Australia

Australia in camper: Uluru e Kata Tjuta

Siamo arrivati in uno dei luoghi più famosi del pianeta. Qui, nel Red Center, il cuore rosso dell’Australia, sorge il solitario Uluru (Ayers Rock in inglese) e gli affascinanti monti Kata Tjuta (Monti Olgas, in inglese).

Uluru al tramonto

Se ci seguite da un po’, avrete capito che noi siamo piuttosto solitari, amiamo goderci i luoghi nella loro atmosfera più autentica. Per questo scegliamo di iniziare l’esplorazione di questo polveroso angolo di Australia dai Monti Kata Tjuta. Ci siamo fermati nel Red Center tre notti e due giorni: abbiamo dedicato il primo giorno ai Monti Olgas e alla sera poi ci siamo concessi un aperitivo vista Uluru e una cena nell’outback. La mattina seguente ci siamo svegliati presto per dirigerci verso Uluru, da ammirare investita dai raggi dell’alba e più da vicino con il percorso che ne percorre l’intero perimetro.

Kata Tjuta (Monti Olgas)

Sono uno dei luoghi più straordinari di questa zona. Si tratta di formazioni rocciose arrotondate e levigate dagli elementi ed adagiate sul deserto, dove i turisti sono meno rispetto ad Uluru e dove quindi si può godere di un’atmosfera più autentica e, in definitiva, più piacevole.

Il percorso Valley of the Winds è un sentiero circolare di poco più di 7 km che si snoda all’interno di queste formazioni rocciose, talora aggirandole e talora arrampicandosi sopra, e permette di ammirare dei paesaggi incredibili. Come il nome fa presagire, lungo il percorso il vento è piuttosto inclemente, quindi partiamo imbacuccati con cappuccio e giacca, per poi lasciarci scaldare dal sole del mezzogiorno al ritorno. Se ci andate in estate, è fondamentale partire presto al mattino portando con sé una buona scorta di acqua, perché nelle ore più calde della giornata il percorso viene chiuso.

I Monti Kata Tjuta racchiudono un mondo selvaggio, isolato, aspro e dolce allo stesso tempo, dove le rocce sono bucherellate dalla pioggia e dove la sterpaglia si aggrappa per non farsi trascinare via dal vento del deserto. C’è un’atmosfera di solitudine bella, il contatto con la natura non è immersione. Ci si sente pervasi dall’orizzonte ampio e delicato del deserto e insieme si ha come l’impressione di essere il ritaglio di una fotografia incollata sul manifesto di un paesaggio che lascia troppo senza fiato per essere vero davvero.

Al rientro dal percorso della Valle dei Venti, pranziamo rapidamente in camper e ci dirigiamo a Walpa Gorge, poco distante. Seguiamo il sentiero che si addentra nella gola, scorgiamo nella roccia anfratti che immaginiamo pullulare di fauna (almeno nelle ore notturne) e scrutiamo la vegetazione nella speranza di avvistare qualche animale (inutilmente). Qui i turisti sono di più rispetto a quelli incontrati al mattino, e sono pure un po’ chiassosi – questo un po’ ci infastidisce.

piccione punk

Torniamo al camping nel pomeriggio e facciamo amicizia con un visitatore curioso che si aggira attorno al nostro van. E’ un piccione punk, animale che ci troveremo attorno molto spesso nella zona, intendo a cercare briciole cadute o a scaldarsi al sole al tramonto.

Cena bush tucker e il Field of Light

La sera partecipiamo ad un evento denominato Tali Wiru: si tratta di una serata interamente al cospetto di Uluru. Si inizia con un aperitivo al tramonto su una duna (tali wiru significa duna bella) sorseggiando champagne e piluccando canapè esotici. Poi ci spostiamo nella zona dove ceneremo: ci accoglie un artista che suona il didgeridoo (all’inizio piacevole e curioso, poi sulla lunga inizia a farsi fastidioso…).

cena bush tucker nell’outback

Ceniamo a lume di candela nell’outback (peccato per le temperature che ci hanno costretto alla giacca a vento) assaporando un menù bush tucker, ovvero un menù che utilizza i prodotti tipici del bush, dalla carne di canguro ai pomodori selvatici, dalle erbe aromatiche al quandong del deserto (un frutto che sognavo di assaggiare da quando ne ho letto la prima volta). Facciamo amicizia con gli altri commensali seduti al nostro tavolo: un signore giapponese di mezza età, una famiglia nippo-australiana e una simpatica signora australiana che con la nipote sta facendo un viaggio alla riscoperta delle proprie radici aborigene. Conclusa la cena, un astronomo ci racconta il cielo e le costellazioni, che appaiono incredibilmente luminose nel buio del deserto. Ritroviamo la croce del Sud, che amiamo dai tempi della Namibia.

Infine, dopo una cioccolata calda non troppo calda né troppo saporita, è il momento del gran finale: il Field of Light. Si tratta di una installazione di arte moderna creata dall’artista Bruce Munro posizionando migliaia di lampadine e centinaia e centinaia di chilometri di fili luminosi nell’outback. Dobbiamo ammettere che quando ne abbiamo letto sulla brochure abbiamo pensato che fosse una pacchiana trovata turistica, ma ci siamo presto ricreduti. L’atmosfera è magica: le lampadine cambiano colore e le luci danzano nel buio creando una rete neuronale luminosa da cui spuntano migliaia di steli. Come fiori accesi nell’immensità dell’outback. Lo spettacolo è difficile da raccontare, ma l’esperienza vale davvero il suo costo (è possibile vedere il Field of Light anche senza partecipare alla cena nel bush).

Field of Light

Rientriamo a casa da Bert ancora sognanti per l’atmosfera della serata, pieni di aspettativa per il giorno successivo: Uluru by day.

Uluru (Ayers Rock)

Ci svegliamo poco prima dell’alba e rapidi ci dirigiamo verso un punto panoramico da dove ammirare l’alba. Essendo noi dei solitari, scegliamo il punto panoramico destinato ai pullman per la visione del tramonto. Lo troviamo effettivamente poco popolato, anche se un gruppetto di persone sta facendo colazione con la musica a palla e questo ci rovina un po’ l’atmosfera sognante dello spinifex accarezzato dai raggi del primo sole. La massa scura e morbida di Uluru si staglia all’orizzonte e si colora a poco a poco di rosso e marrone.

Uluru all’alba

Sorto il sole, sostiamo ancora qualche minuto per fare colazione. Subito dopo ripartiamo perché vogliamo dedicare la mattinata alla visita di Uluru. Iniziamo dal Centro Culturale che illustra il patrimonio e le credenze religiose degli aborigeni. Fuori, iniziamo l’Uluru Base Walk, un percorso circolare che costeggia Uluru lungo tutto il suo perimetro (10,6 km) e da cui partono alcune deviazioni che si avvicinano alla roccia per permette di ammirare grotte o pitture rupestri. Come previsto, i turisti sono molti e, pur cercando di allontanarci dai gruppi più rumorosi, l’atmosfera della passeggiata assomiglia più a quella che si potrebbe trovare nella metropolitana di una grande città piuttosto che nel deserto australiano.

Uluru è, in ogni caso, degno della sua fama. Girandogli attorno, è facile immaginare come gli aborigeni centinaia di anni fa abbiamo pensato, scorgendolo da grande distanza, che potesse essere un luogo speciale, un luogo dove accamparsi e dove trovare rifugio. L’arenaria rossa, levigata da migliaia di mani e vento e pioggia (quando piove pare che si creino delle spettacolari cascate che scorrono lungo le pareti di Uluru), nasconde anfratti, gole e volte. Accanto a questa roccia enorme ci si sente piccoli – la stessa sensazione che probabilmente hanno sentito i primi aborigeni che si avvicinarono a Uluru. Insomma: sì, è super-turistico, ma è effettivamente imperdibile.

Alcune parti di Uluru sono sacre e pertanto è richiesto di non scattare fotografie o fare riprese; allo stesso modo, la gestione del parco tenta di scoraggiare i tentativi di scalare Ayers Rock, in parte per questioni di sicurezza, ma anche e soprattutto per rispetto della cultura aborigena che ritiene Uluru un luogo sacro. Per questo ci ha molto stupidi vedere che lungo uno dei crinali più dolci è stata installata un mancorrente per rendere più “agevole” l’arrampicata! Che controsenso! Auspicabilmente, dal 2019 non sarà più possibile scalare Uluru e di questo ci rallegriamo.

La strada verso la prossima tappa

All’ora di pranzo lasciamo Yulara e l’Uluru-Kata Tjuta National Park. Torniamo sui nostri passi, guidando verso Est lungo la Lasseter Road, per poi girare verso Nord lungo la Luritja Road, fino a raggiungere dopo circa 4 ore la nostra prossima destinazione: il Kings Canyon.

Qui il video della quarta puntata lungo l’Explorers Way – Enjoy!

 

::::Info utili::::

L’installazione Field of Light sarà visitabile fino a dicembre 2020.

Dormire
Yulara (Uluru): l’Ayers Rock Campground è l’unico campeggio dell’area: vi consigliamo di prenotare la piazzola online perché il campeggio è molto gettonato. Sempre a Yulara troverete parecchi altri hotel di differente categoria.

Mangiare
Yulara: nella piazza centrale di Yulara ci sono parecchi ristoranti e negozi (alcuni vendono oggetti di artigianato pregevoli). Noi abbiamo pranzato al Gecko’s Cafe, locale che propone oltre ai tipici piatti australiani anche alcune proposte più mediterranee e pizze.
Tali Wiru: ristorante outdoor nell’outback che propone una cena bush tucker a buffet. Esperienza costosa ma memorabile. Prenotabile online.

Guidare
Km percorsi: circa 400


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11 commenti su “Australia in camper: Uluru e Kata Tjuta

  1. Sono stata in Australia, ma non ho avuto modo di vedere l’Ayers Rock. Penso che sia un vero peccato perchè immagino quel posto come un luogo super carico di energia!

  2. Quando vedo questo luogo, penso sempre a un film un po’ datato chiamano Holy Smoke. Una parte è stata girata lì vicino e immagino l’effetto che mi farebbe quel luogo.

  3. l’Australia non è nelle mie destinazioni top ma ad Uluru ci andrei di corsa, adoro i deserti e sarei felicissima nella terra rossa dell’outback. Un vero sogno che si realizza!
    Ora anch’io voglio mangiare pomodorini selvatici e frutti del deserto ?

  4. Che belli i vostri racconti sull’Australia, sempre molto affascinanti. I monti Olgas sembrano stupendi, sarà anche per il fatto che li descrivete come meno turistici quindi mi fanno veramente pensare ad un posto in cui puoi ritrovare il reale contatto con la natura.

    1. In effetti, i Monti Olgas ci sono piaciuti moltissimo: con meno turisti attorno, è molto più semplice immergersi nel paesaggio. Ad Uluru, comunque, pur essendoci parecchie persone, si riesce a percepire la maestosità del luogo.

  5. Sembra tutto così magico.. leggendo la tua descrizione mi sono immaginata davanti al monolite di Ayers Rock.. il silenzio del bush tutto intorno e tante stelle nel cielo sopra di me..l’Australia arriverà prima o poi e voglio godermi ogni momento

  6. Sto leggendo diversi articoli sul Red Centre ultimamente, per programmare il mio futuro percorso… bello questo resoconto di viaggio! Anc’io sono una solitaria come voi quindi ho empatizzato 🙂 Ah, e anch’io voglio vedere i piccioni punk nel loro habitat! 🙂 (

    1. Ciao Lucy e grazie per il tuo commento. Per i solitari (come noi) un viaggio on the road nell’outback è anche un modo per ritrovarsi e per avere molto tempo e spazio per pensare… Il piccione punk all’aperitivo, poi, aiuta sempre!

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