C’è una protagonista in questo episodio, ed è la strada: la lunga, dritta strada che ci porta da Kings Canyon al parco Nitmiluk. Qualcosa come 1800 km in tre giorni di asfalto. Tre giorni di giochini passatempo come: “è arrivato un carico bastimento pieno zeppo di…”. Di radio accesa e radio spenta. Di sonnellini e chiacchiere. Di stanchezza e tappe. Di brevi escursioni e pub pacchiani. Di camion a tre rimorchi e caravan. Insomma: tre giorni di outback, con tutto ciò che lo accompagna. Compreso un incendio controllato (ma che è controllato lo scopriamo solo dopo).
Da Kings Canyon a Alice Springs
Affrontiamo poco meno di 500 km, ripercorrendo a ritroso la deviazione che ci aveva portato ad ovest. Alla roadhouse di Erldunda ci fermiamo per prenderci un hamburger a pranzo e riposarci un poco. Alice Springs non è città che abbia molto da offrire. Ci colpisce per la presenza di aborigeni buttati qua e là a bordo strada o nelle aiuole, la maggior parte ubriachi; in alcune zone della città il degrado è tangibile. Noi ci spostiamo verso ovest di qualche km e ci dirigiamo allo Standley Chasm, una gola all’interno dei West Mc Donnell Ranges dove facciamo una breve escursione. Al rientro, ci fermiamo nel piccolo bar a comprare un ghiacciolo per dissetarci. Infine, raggiungiamo il nostro campeggio, che si trova sul retro di un hotel con annesso casinò. Per registrarci ci dobbiamo dirigere al bar, incrociando un’umanità triste e dedita alle slot machines. Nel campeggio, nella piazzola accanto alla nostra, ci sono altri italiani che – forse – vivono in Australia dal momento che nel loro caravan ha trovato posto anche il loro cane. Il campeggio è più che altro un cantiere, perché stanno facendo lavori per ampliarlo e dotare ogni piazzola di area coperta. Ci prepariamo una cena semi-italiota in camper e ci guardiamo un po’ di Netflix prima di andare a dormire.
Da Alice Springs a Tennant Creek
Altri 500 km. Altro outback e altri trucks e altre roadhouses. La tappa di oggi è presso le Devils Marbles (Karlu Karlu in lingua aborigena). Si tratta di rocce granitiche dalla bizzarra forma tondeggiante: si parla di un serpente arcobaleno che avrebbe lasciato qua le sue uova. In realtà, almeno stando a Wikipedia, la storia sarebbe un po’ diversa: un tal Arrange, uomo diabolico, attraversando la zona lasciò cadere dei capelli (oppure sputò a terra, non è chiarissimo…) e da lì nacquero quei massi rossi bizzarri. Quale che sia la leggenda, senza dubbio si tratta di un luogo sacro per gli aborigeni e suggestivo per i non aborigeni. Ci sono alcuni percorsi che permettono di girare intorno alle Devils Marbles e noi naturalmente li percorriamo e ci facciamo anche un bel volo con il drone. Dopo di che ripartiamo con Bert diretti verso nord. Al pomeriggio raggiungiamo il nostro campeggio a Tennant Creek: una vera e propria oasi, dove la sera capitiamo nel bel mezzo del concerto di un countryman australiano. Facciamo la conoscenza della musica di Slim Dusty e ci beviamo una birra ed un gin tonic; durante questo aperitivo musicale improvvisato, arriva un gigantesco pullman che rigurgita qualche decina di tedeschi (per la cronaca, il pullman è una specie di mega camion con cuccette, una specie di incubo su gomma). Il musicista presto si improvvisa in una canzone tedesca rubando applausi ed entusiasmo dal pubblico. Infine, ci compriamo un po’ di carne fresca al minimarket del campeggio e ceniamo all’aperto nel tepore dell’outback del Northern Territory.
Da Tennant Creek al Parco Nitmiluk
Quest’oggi i chilometri sono circa 800! Saliamo sul van e guidiamo e guidiamo. Ad un certo punto, ci avviciniamo ad un incendio. Le altre auto continuano imperterrite a procedere e noi, di conseguenza, le seguiamo, convinti che la strada girerà e che l’incendio si allontanerà. Non è proprio così: di punto in bianco, ci ritroviamo in mezzo al fumo e non vediamo più nulla. Il calore si irradia dal finestrino. Procediamo a passo d’uomo in mezzo al fumo cercando quasi a tentoni la linea bianca sull’asfalto, tra me e me penso se è possibile che per il calore o con una scintilla si incendi il carburante che abbiamo nel serbatoio… insomma sarebbe un modo davvero imbecille di morire. E quando la paura sta per prendere il sopravvento, ecco che il fumo si dirada e ricompare la strada e il caravan che avevamo davanti è di nuovo visibile. Solo qualche giorno dopo scopriremo che in Australia si utilizza il metodo degli incendi controllati nella stagione meno secca per prevenire quelli incontrollabili nella stagione più secca e calda.
“Sopravvissuti” all’incendio, facciamo una tappa in una storica roadhouse, il Daly Waters Pub. A Daly Waters non c’è sostanzialmente nulla a parte questo leggendario pub, che si presenta con reggiseni appesi ai soffitti, cappelli, adesivi, monete e un’enorme collezione di oggetti inutili lasciati dagli avventori negli anni. Ci mangiamo un hambuger e fish & chips e lasciamo anche noi il nostro adesivo ed il nostro biglietto da visita. Ripartiamo e nel tardo pomeriggio raggiungiamo la nostra successiva destinazione, il parco Nitmiluk. Stanchi, ci concediamo un aperitivo bordo piscina con una birra anonima ma rinfrescante.
Qui il video della sesta puntata lungo l’Explorers Way – Enjoy!
::::Info utili::::
Dormire
Alice Springs: il Gap View Hotel (and camping) è stata una scelta non proprio felicissima… nel campeggio erano in corso lavori che lo renderanno sicuramente molto più piacevole ma che ci hanno dato la sensazione di dormire in un cantiere. Servizi puliti anche se decisamente datati. Probabilmente dopo il rimodernamento sarà migliore.
Tennant Creek: l’Outback Caravan Park è un posto paradisiaco, proprio come dice la loro insegna. Il personale è gentile e disponibile, le piazzole ben tenute, il negozietto ben fornito; quando ci siamo stati noi c’era anche la musica dal vivo.
Nitmiluk: Nitmiluk Caravan and Camping campeggio ombroso proprio accanto al centro visitatori del parco, con servizi puliti e completi.
Mangiare
Daly Waters: il Daly Waters Pub è un’istituzione: non pensate di passare di qua senza farci una sosta. Il cibo è cibo da pub, la birra è buona e rinfrescante. Quel che paga di più è sicuramente l’ambiente e l’arredamento: ogni avventore ha lasciato qualcosa di sé – un biglietto da visita, una banconota, le scarpe, il reggiseno – creando così uno dei pub con maggior storia e maggior personalità se non d’Australia sicuramente dell’outback. Veniteci.
Guidare
Km percorsi: circa 1800
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Magari è strano, ma quando penso all’Australia l’outback è la prima cosa che mi viene in mente. Prima dell’Opera House e delle spiagge. Se un giorno dovessi mai andare, farei questo itinerario
Anche a noi, sai? Per noi pensare Australia, anche prima di questa avventura on the road, era pensare a una distesa rossa e polverosa di outback
L’Australia e’ un viaggio per me mitico che spero un giorno di poter realizzare. Il vostro itinerario e’ molto interessante perche’ diverso da quelli piu’ classici. Dei racconti di viaggio apprezzo proprio il loro aspetto sincero e non solo quello da copertina.
Crediamo che sia fondamentale raccontare con schiettezza lati belli e lati brutti, in modo che la nostra esperienza possa aiutare chi ha intenzione di fare un viaggio analogo
1800 km, più dell’Italia intera! Questa sì che è una bella vacanza “on the road”. Complimenti per l’itinerario, certi nomi, evocano subito mille fantasie <3
Grazie Francesca, il viaggio in tutto è stato di ben 5000 km, dalla costa sud alla costa nord dell’Australia. Un “on the road” vero!
Credo che un viaggio in auto sulle principali vie australiane e gli outback sia una delle vie verso il nirvana di ogni viaggiatore. Sono dello stesso avviso di Monica in merito alle condizioni degli aborigeni, delle quali è giusto che sia il governo australiano che i cittadini ma anche i viaggiatori si facciano moralmente carico e mi rincuora leggere la tua considerazione sui passi avanti in questo senso.
Sabrina, siamo convinti anche noi che il ruolo dei viaggiatori sia cruciale nel permettere che si giunga ad una riabilitazione degli aborigeni come popolo e come individui
Ecco questo è proprio il mio viaggio dei sogni: Australia ed Explorer Way. Che meraviglia dev’essere! L’unica nota che mi lascia sempre un po’ l’amaro in bocca quando si parla di Outback sono le condizioni in cui vivono gli aborigeni. Non è la prima volta che sento dire che purtroppo molto spesso vivono in situazioni di povertà e di ubriachezza ed è una cosa che mi stringe davvero il cuore se penso che quella è da sempre la loro terra e che ora si ritrovino sul ciglio della strada.
Sì purtroppo è così; ma esistono anche realtà in cui si stanno a poco a poco riappropriando della propria terra. Ad esempio, ai Flinder Ranges ma anche in altri parchi come Uluru, la gestione è degli aborigeni, a volte solo con supporto esterno a volte in completa autonomia. Questa è una notizia incoraggiante, secondo noi.
da australiana non potevo non leggere questo articolo, anche perchè questo giro in macchina lo sto programmando da un po’ di tempo. le lunghe strade rosse, le chiacchiere infinite e la radio accesa, questi sono anche i nostri modi per ammazzare il tempo quando si fanno oltre 1000 km nel nulla. Seguirò questo itinerario, poi vi farò sapere
Grazie Anna, ci fa piacere di averti incuriosito. Facci sapere i tuoi futuri programmi di viaggio e per ogni dubbio/curiosità sai dove trovarci!
Ma che viaggio incredibile! Adoro questo tipo di posti, un po’ selvaggi. Devo iniziare a ricredermi sull’Australia.
Grazie Stefania, i luoghi selvaggi piacciono tanto anche a noi!
Con tutta sincerità, l’Australia non è uno di quei posti che mi ispirano! Ma dopo aver letto questo tuo articolo inizio a ripensarci. Mi piacciono questo tipo di posti! ?
Wow, quanta strada! Io la scorsa estate ho fatto “solo” da Alice Springs a Uluru e mi è sembrata lunghissima… immagino voi! Però chissà che paesaggi spettacolari!
La strada è stata tantissima, 5000 km in tutto, ma è il bello di un viaggio on the road no?