Itinerario in fuoristrada in Namibia

Il viaggio in Namibia in fuoristrada è stato il nostro primo ‘vero’ viaggio insieme. È stato il viaggio che ci ha fatto diventare viaggiatori. È stato il battesimo dell’Africa per Leo e il ritorno nel ventre della Madre Terra per me. Si è trattato di un’avventura: noi due, un fuoristrada e la strada davanti a noi. Abbiamo attraversato il deserto e la savana, abbiamo navigato sul fiume e sul mare. Abbiamo osservato la natura intorno a noi continuare semplicemente a far girare il meraviglioso cerchio della vita. Abbiamo assistito ad alcuni dei tramonti più belli della nostra vita, perché qui in Namibia il sole lo vedi che da un secondo all’altro scivola via dietro l’orizzonte e il tramonto dura un attimo e tu ci sei dentro ed è bellissimo…

In questo articolo vi raccontiamo il nostro itinerario in Namibia. Vi vogliamo raccontare brevemente le nostre sensazioni, quello che per noi è stato imperdibile e quello che, col senno di poi, avremmo fatto diversamente. Speriamo che questo nostro itinerario in Namibia in fuoristrada possa essere d’ispirazione per chi magari vuole organizzare un viaggio laggiù ma non sa ancora da che parte iniziare.

Giorno 1

E si inizia con Windhoek, la capitale. Noi siamo atterrati in Namibia nel pomeriggio e, tra formalità doganali e noleggio auto, non abbiamo avuto molto tempo a disposizione. Quel poco che c’è stato, abbiamo deciso di investirlo in un po’ di relax, visto il volo intercontinentale appena trascorso e i giorni intensi a venire. Per chi si trovasse ad avere più tempo a disposizione, Windhoek è una cittadina piccola che a dire il vero non offre chissà quali attrattive. Si può visitare una chiesa luterana (Christuskirche) ed un fortino tedesco (Alte Feste) oppure ci si può sedere a bordo strada imitando i babbuini ed osservare.

Giorno 2

Si entra nel vivo. Un percorso di circa 250 km lungo strade in parte asfaltate ed in parte sterrate ci porta verso il Deserto del Namib. Guidando verso Sud si oltrepassa il Tropico del Capricorno e si incontra la cittadina di Solitaire, uno di quei luoghi di frontiera, epici e polverosi. Qui è d’obbligo fermarsi per comprare la torta di mele di Moose, uno scozzese rubizzo che qui nel mezzo della sabbia namibiana, tra carcasse di auto e trattori, ha aperto una panetteria. Il buon Moose è passato a miglior vita nel 2014 (il nostro viaggio risale al 2011 e abbiamo avuto la fortuna di incontrarlo!); tuttavia nella sua panetteria si prepara ancora la stessa torta di mele, dal profumo di cannella, con mele morbide e un bel crumble croccante sopra.

Solitaire è un po’ come una città fantasma, come un’accozzaglia di cose messe lì insieme a caso, ma che creano una comunità. Arrivi con il tuo fuoristrada nella polvere e ti senti un avventuriero. Cinquant’anni fa probabilmente era quasi uguale a come appare oggi. Chi ha amato l’atmosfera un po’ trasandata ma autentica delle roadhouses australiane o la sensazione elitaria di trovarsi ad un passo dal Polo Nord, si innamorerà di Solitaire. Potete scegliere di pranzare nella tavola calda accanto al distributore, oppure acquistare pane, biltong (carne secca a striscioline) e torta di mele e godervi il più bel picnic di sempre. Provare per credere.

Giunti al nostro lodge, iniziamo la litania dei tramonti africani: questo, il primo, ce lo godiamo su una duna, ammirando intorno a noi le cosiddette dune pietrificate e seguendo con lo sguardo il passo lento di un orice solitario.

Itinerario in Namibia

Giorno 3

Oggi è dedicato a Sossusvlei, un luogo incredibile nel cuore del deserto namibiano all’interno del Namib-Naukluft National Park. Il consiglio è di partire al mattino presto, per godere delle ore più fresche della giornata per l’escursione. Noi siamo partiti alle prime luci dell’alba, cosa che ci ha regalato molti incontri lungo la strada (guidate lentamente e prestate estrema attenzione agli animali che, nelle prime ore del mattino, sono molto attivi e possono tagliarvi la strada da un momento all’altro!).

Sossusvlei è uno dei luoghi più incredibili del Pianeta. Qui da migliaia di anni “scorre” il fiume Tsauchab che, in realtà, è secco per la maggior parte del tempo. Rarissimamente accade che, a seguito di piogge intensissime, la piana di Sossusvlei venga alluvionata, creando uno spettacolo incredibile. Per tutto il resto del tempo, Sossusvlei è un lago di sabbia chiara dura e screpolata dal sole accolto in mezzo a soffici dune arancioni. Le dune più imponenti o più “instagrammabili” hanno un nome e una nomea. La famosa Duna 45, con il suo grazioso profilo gentile e i suoi cento-e-qualche-metro è una delle più scalate, mentre il buon Big Daddy, dall’alto dei suoi 390 m, può godersi un po’ di tranquillità in più.

Un paio di chilometri più avanti si raggiunge Dead Vlei, un luogo, se possibile, ancora più iconico e suggestivo del precedente. La sabbia anche qui è bianca e crostosa; da questa superficie dall’aspetto salino spuntano come mani i tronchi neri e ritorti delle acacie, morte dopo che il fiume mutò il suo corso e annerite dalla sete.

Itinerario in Namibia

Non so se voi abbiate mai scalato una duna (ovviamente noi lo abbiamo fatto): fatto sta che l’impresa è particolarmente frustrante perché, per ogni passo in salita, si scivola in giù di un paio di metri. Il risultato finale è che ci si ritrova al punto di partenza. I metodi per raggiungere la vetta sono due: 1) il “ganzo”: prendere la rincorsa e farsela tutta di corsa in salita fino a che si arriva in vetta oppure 2) la “palla al piede”: salire e sfruttare l’effetto zavorra del proprio sedere, buttandosi nella sabbia di peso quando questa inizia a franare inesorabilmente. Insomma, ognuno con il suo metodo, alla fine siamo giunti in cima alla duna e… davanti a noi c’era un lago nel deserto! Una cosa incredibile! Il 2011 era stato un anno particolarmente piovoso e questo aveva creato un ristagno d’acqua nel deserto, regalandoci uno spettacolo a dir poco unico!

Itinerario in Namibia

Sulla via del ritorno, abbiamo fatto una tappa al Sesriem Canyon: pare sia il canyon a cui si sono ispirati gli autori Disney per la scena del Re Leone in cui Mufasa viene ucciso. Memorie di infanzia a parte, si tratta di un canyon lungo circa un chilometro e alto 30 metri che in alcuni punti si restringe al punto da rendere disagevole il passaggio.

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Giorno 4

Partiamo di prima mattina per ritornare a nord e spostarci verso la costa. Direzione: Swakopmund. La strada che conduce alla costa riattraversa il Tropico del Capricorno (cerimonia rituale di attraversamento: fatta) e si snoda all’interno del cosiddetto Moon Landscape. È realmente un paesaggio lunare quello che ci circonda, con terra brulla e grigia, crateri e speroni rocciosi; da un momento all’altro ci si aspetterebbe di vedere Neil Amstrong e Buzz Aldrin con i loro tutoni spaziali barcollanti.

Itinerario in Namibia

Ai margini di questo paesaggio inospitale e suggestivo, inizia a comparire un altro miracolo namibiano: la welwitschia mirabilis. Vecchia quanto il Mondo, questa pianta, che in afrikaans è chiamata “due foglie non possono morire” è una sorta di dinosauro vegetale: è formata da un tronco molto corto da cui di aprono a lenzuolo due grosse foglie carnose che crescono continuamente dalla base sfrangiandosi, mentre l’estremità si secca. La welwitschia vive assorbendo l’umidità che proviene dalla vicina costa e sopravvive grazie al fatto che a quanto pare è velenosa per la maggior parte degli animali, tranne che per i rinoceronti. Esistono esemplari di welwitschia che addirittura hanno superato i 2000 anni di vita e i 4 metri di diametro.

Itinerario in Namibia

A Swakopmund ci accoglie un clima freddo ed umido, con una pioggerella fine invernale (è settembre). Gironzoliamo per la città, ci fermiamo in un internet café e poi cerchiamo un posticino per la cena. Infine rientriamo al nostro B&B La Sirenetta: veniamo accolti da candele accese ovunque in giardino e da Pluto, un simpatico cagnolone mascotte della casa.

Giorno 5

Ci spostiamo a Walvis Bay dove ci imbarchiamo per un’escursione alla ricerca di delfini e otarie: ne avvistiamo parecchi e facciamo amicizia anche con alcuni pellicani… anche se “amicizia” forse è un termine ottimistico, visto che uno di loro ha schiaffeggiato Leo! Alcune delle otarie hanno ormai preso l’abitudine di salire a bordo delle imbarcazioni e, in cambio di un po’ di pesce fresco, mostrano le pinne e il muso ai turisti. Qualche spruzzo dopo, sbarchiamo a breve distanza da una colonia di otarie: senza avvicinarci troppo, osserviamo questi ammassi di grasso crogiolarsi al sole e impanarsi di sabbia.

Namibia in fuoristrada

Poi, finalmente, inizia l’avventura: saliamo su una jeep e partiamo diretti verso il deserto. Il pilota si inerpica sulle dune e poi si getta giù a capofitto nella sabbia, in un’adrenalina continua di montagne russe. Infine arriviamo: Sandwich Harbour, dove le dune muoiono nel mare. Dove il rosso ocra della sabbia si spegne nella schiuma bianca e blu del mare. Un posto unico al mondo. Sciocchi di gioia e meraviglia, con la salsedine del mare nel naso e la sabbia vellutata del deserto nei capelli, restiamo a guardare la linea leggera che separa acqua e mare. Nel frattempo, è stato allestito un tavolo per il pranzo e non sono le ostriche succose a renderlo speciale, bensì la “semplice” meraviglia di una tavola imbandita nel mezzo del nulla.

Namibia in fuoristrada
Namibia in fuoristrada

Giorni 6 e 7

Salutiamo il mare con una tappa a Cape Cross, dove vive un’enorme colonia di otarie (stando alla puzza potrebbero essere molte di più). Ci vuole stomaco anche perché capita fin troppo spesso che i cuccioli vengano schiacciati dai corpi grassi e pesanti degli adulti; i cadaveri restano lì a decomporsi oppure, nei casi migliori, vengono mangiati da iene e sciacalli.

La nostra destinazione odierna è Twyfelfontein, una valle dichiarata patrimonio UNESCO per le pitture rupestri che pare risalgano ad oltre mille anni fa. Nella stessa valle poi è possibile vedere la foresta pietrificata, un’area di tronchi fossili alcuni dei quali raggiungono addirittura i 45 m di lunghezza e superano il metro di diametro. In questa zona bisogna fare un po’ di attenzione perché pullulano cartelli che indicano la foresta pietrificata ma che portano invece a siti minori. Noi siamo stati fortunati perché la sera prima avevamo fatto amicizia con un afrikaner che stava per sposare una donna himba e che si è offerto di guidarci al sito più interessante della zona; in alternativa, chiedete al lodge dove alloggiate.

Il settimo giorno del nostro viaggio è un altro di quelli che portiamo nei nostri ricordi più cari: l’incontro con gli elefanti della sabbia nel Damaraland. A bordo di una sorta di furgone riadattato guidato da un caldo-duro-e-puro afrikaner, partiamo alla ricerca degli ultimi elefanti del deserto. Rispetto ai fratelli della savana, questi elefanti sono più piccoli e soprattutto si sono adattati a vivere in un clima molto più arido. Possono percorrere anche un centinaio di chilometri alla ricerca di acqua e pare che siano dei veri e propri rabdomanti, capaci di “seguire” la pista anche di ruscelli sotterranei. In più sanno scavare e possono restare senza bere per giorni. Consci dell’habitat precario in cui vivono, hanno imparato a cibarsi della vegetazione senza distruggere gli alberi. La cosa incredibile è che questo adattamento all’ambiente non è dettato da mutazioni genetiche e selezione ambientale come vorrebbe papà Darwin, ma piuttosto da una trasmissione delle conoscenze dai membri anziani del branco ai giovani. Madre Natura è incredibile.

Namibia in fuoristrada

Giorno 8

Entriamo nel cuore della Namibia e, dopo un percorso di poco meno di 300 km su strada sterrata, ci avvicianiamo al Parco Etosha. Alloggiamo in un lodge appena fuori del parco, in una riserva privata, dove, nel pomeriggio partecipiamo ad un’escursione nella speranza di avvistare i rinoceronti. Purtroppo non abbiamo fortuna.

Giorno 9

All’apertura dei cancelli del Parco Etosha noi siamo già lì. Trascorriamo l’intera giornata all’interno del parco, seguendo a volte la mappa a volte l’istinto, alla ricerca di animali. Avvistiamo gazzelle, springbook, elefanti, gnu, giraffe, zebre, leoni, facoceri, varani, sciacalli. Nel cuore del Parco c’è l’Etosha Pan, una depressione salina quasi completamente priva di vegetazione, fatta eccezione per alcune piante erbacee. Tutt’intorno, questo mare bianco è circondato da una bordura di piante alofile. Nel 2011, quando abbiamo raggiunto il Pan, lo abbiamo trovato ricoperto di acqua: spettacolare.

Namibia in fuoristrada

Ci attardiamo alla ricerca di animali al punto da dover correre per non restare chiusi dentro al parco alla chiusura dei cancelli. Naturalmente, mentre dobbiamo sfrecciare per la savana ci si para davanti ogni sorta di animale. Scongiurati investimenti e incidenti, sgusciamo fuori dai cancelli poco prima che vengano richiusi e raggiungiamo il lodge che già cala la sera.

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Giorni 10, 11 e 12

Guidiamo verso nord. Oltrepassiamo la Red Line, una sorta di cordone veterinario che separa il nord del Paese, dove vivono prevalentemente popoli tribali, dal sud, dove le mandrie sono proprietà dei bianchi. Oltre la Red Line si entra in un’Africa più nera, più selvatica. La prima tappa è sulle sponde del fiume Okavango, in una zona che è un vero e proprio paradiso dei birdwatchers (lo diciamo non tanto in virtù della nostra esperienza da ornitologi, quanto perché insieme a noi nel lodge alloggiava una loro spedizione). Sul fiume si può fare safari oppure osservare lo svolgersi della vita quotidiana degli abitanti: i bambini fanno il bagno e giocano nell’acqua, le donne lavano i panni. La presenza di coccodrilli, ippopotami o delle zanzare piene di Plasmodium Falciparum non sembra preoccuparli. Forse è così che la vita andrebbe vissuta. Lo facciamo per qualche istante anche noi, mentre ci godiamo un altro dei leggendari tramonti namibiani.

Namibia in fuoristrada

L’indomani ripartiamo diretti a Nord. Entriamo nella Striscia di Caprivi, una propaggine della Namibia racchiusa tra Angola, Zambia, Botswana e Zimbabwe. Il nostro lodge sorge sulla riva del fiume. Partecipiamo ai safari sul fiume e in jeep organizzati dal lodge e un breve safari lo facciamo da soli. Viviamo il brivido dell’agguato di un elefante: un’esperienza francamente spaventosa, veder sbucare fuori dal bush quel colosso che sventola arrabbiato le orecchie. Atterriti diamo gas e ce la filiamo sbirciando nello specchietto e pregando perché quella montagna di muscoli grigi non ci insegua. Non lo fa, fortunatamente. All’interno del Bwabwata National Park avvistiamo una rara antilope della sabbia e abbracciamo (o si fa per dire) un gigantesco baobab.

Giorni 13 e 14

Torniamo a Sud percorrendo oltre 900 km per tornare a Windhoek. Ci addentriamo nel Waterberg Plateau, un altopiano argilloso ricco di sorgenti d’acqua. In questa zona si può vedere il meteorite Hoba, un ammasso di 60 tonnellate di ferro e nichel precipitato sulla Terra oltre 80000 anni fa. La penultima notte in Namibia la trascorriamo nel lodge di una famiglia tedesca, tre generazioni di pallidi germanici che sembrano aver trovato un’armonia ed un equilibrio perfetti qui, in Africa. Poco importa se le prime due cose di cui ci chiedono, visto che siamo italiani, sono Totti e Berlusconi… l’armonia della cena in famiglia con loro è pura poesia africana.

L’ultimo giorno ritorniamo verso Windhoek e purtroppo lo perdiamo quasi interamente nella burocrazia dell’assicurazione perché durante uno dei safari i rami di un albero hanno rigato la carrozzeria dell’auto (importantissimo: fate la casco comprensiva di vetri e ruota di scorta supplementare! noi non abbiamo bucato per puro c**o, ma vi assicuriamo che è un attimo dire bye bye a due pneumatici). Facciamo una sosta al Cheetah Conservation Found, dove scopriamo quanto sia fragile e precaria la convivenza tra uomo e ghepardo. La sera andiamo a cena nella leggendaria Joe’s Beerhouse, famosa soprattutto per la selvaggina.

Namibia in fuoristrada

La Namibia è una terra meravigliosa, sufficientemente addomesticata da poter essere girata in autonomia in sicurezza ma abbastanza selvaggia da far ammalare di Mal d’Africa. Per noi è stato imperdibile vedere il deserto del Namib, Sossusvlei e la Dead Vlei, raggiungere Sandwich Harbour e sentirci un granello di sabbia nel deserto, girare in lungo e in largo il parco Etosha aguzzando la vista per scovare gli animali. Col senno di poi, avremmo forse evitato di raggiungere il Caprivi e avremmo invece inserito il Deserto del Kalahari.

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Itinerario in Namibia in fuoristrada

18 commenti su “Itinerario in fuoristrada in Namibia

  1. Leggere dei vostri viaggi è sempre un’avventura. Come essere lì con voi.
    A proposito, non avevo mai pensato alla difficoltà di scalare una duna. E non ho ben capito la tecnica Palla al piede. Sto cercando di immaginarmela, ma mi sembra davvero complicata. 😉

    1. Raffi grazie per le belle parole ? La tecnica “palla al piede” non è semplice, ma viene benissimo quando si è stanchi: si arranca sulla duna e quando si scivola giù, ci si butta di peso contro la duna per aumentare l’attrito e ridurre la discesa. E’ un po’ come quando con gli scarponi da sci cammini puntando la punta dello scarpone nel ghiaccio per non scivolare, solo che qui si usano ginocchia o sedere o braccia per “arpionare” la duna

    1. In verità, essendo il primo viaggio intercontinentale di Leo, abbiamo scelto di appoggiarci a earth che ha organizzato il noleggio dell’auto. Abbiamo viaggiato soli, senza carovana. L’itinerario lo abbiamo deciso noi prima di partire, ma i pernottamenti erano stati prenotati dall’Italia.

  2. Questo viaggio è davvero importante per voi, si vede da come ne parlate. Uno di quei viaggi che non dimenticherete né per le emozioni provate né per l’avventura vissuta. Io non sono molto pratica di fuoristrada ma sarebbe bello fare un viaggio del genere!

  3. Che viaggio! Che sogno! Che meraviglia! Ma eravate solo voi due e il fuoristrada? Mi sono salvata l’articolo da leggere e rileggere, è un viaggio che sto sognando da tempo e mi piace l’idea di farlo in autonomia. Ti contatterò senz’altro in un futuro non troppo lontano per farti un milione di domande!
    p.s anche io in Tanzania ho avuto paura che un elefante riducesse la jeep a frittella, è impressionante vedere quanto sono grossi e potenzialmente potenti

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